Un duro lavoro, come dura era la vita, le mani in costante contatto con l’acqua non erano nemmeno il disagio peggiore, la vera sofferenza era dovere stare per ore ed ore chinate, protese in avanti, allungate verso l’acqua del fiume, per insaponare, sciacquare e strizzare i panni.
Per rendere meglio sopportabile questo gesto, nel tempo è stata adottata una particolare asse per lavare che costringeva il corpo ad una postura migliore, più centrata, comoda, nella completa scomodità del gesto fisico.
Questa grossa asse rettangolare, con le tipiche scanalature per “lavorare” la biancheria, era stata pensata con una forma che si adattava perfettamente alla zona delle anche, faceva in modo che nel gesto di lavare il bacino rimanesse arretrato, vi fosse un movimento iniziale del bacino simile ad una leggera rotazione verticale verso il posteriore che manteneva la schiena dritta, le spalle aperte e un’apertura più generale del tronco. Se quelle donne vi avessero fatto caso, avrebbero notato che anche la respirazione, di conseguenza ne avrebbe giovato. Questa postura, in realtà volutamente costretta, consentiva anche di avere una maggior flessione in avanti del busto, permettendo a queste donne di raggiungere più facilmente l’acqua. L’asse aveva anche un sostegno centrale in legno, anche questo era stato studiato per uno scopo: mantenere le ginocchia aperte ed evitare che si flettessero all’interno, un’altra costrizione essenziale per arrivare a sera con le ginocchia non doloranti ed ad una vecchiaia senza che la possibilità di camminare agevolmente fosse compromessa.
Il movimento delle braccia avveniva in avanti ed indietro con un leggero accenno di rotazione in estensione.
Potremmo vedere molta saggezza in questi gesti delle lavandaie del Po, nel loro “guazzare” a pelo d’acqua.
Domenica ritengo di avere conosciuto una persona molto speciale, ha tenuto la lezione del pomeriggio ADO-UISP. Sono rimasto colpito dai modi, dalla pacatezza, dal vigore con il quale porta avanti il progetto del quale ci ha parlato per l’aiuto di chi ha meno possibilità di riuscire nella vita.
Nella pausa ho preferito rimanere ad ascoltare quello che stava raccontando, sempre in maniera aperta ed allegra come è solito fare, ne è uscita la storia delle lavandaie del Po, è stato lui a raccontarla, anche se non essendo praticante di tai chi non ci aveva visto risvolti che per noi sono lampanti.
Comunque è un esempio in più di come le belle persone, anche con semplici racconti, sappiano trasmettere sempre qualcosa di importante.
Paolo
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